Assegno divorzile: in sede di modifica non rileva il contributo dato al patrimonio familiare e dell’altro coniuge

Assegno divorzile: in sede di modifica non rileva il contributo dato al patrimonio familiare e dell’altro coniuge
(Cass. Civ., sez. VI, ordinanza n. 25645 del 22 settembre 2021)
Nella pronuncia in esame la questione sottoposta all’esame della Suprema Corte riguarda l’istanza ex art. 9 l. 898/1970 di modifica dell’assegno divorzile già precedentemente riconosciuto.
Secondo la Corte di Cassazione, se in questa sede è richiesta la revisione che incide sulla stessa spettanza dell’assegno precedentemente riconosciuto, non assume rilevanza il contributo fornito dal beneficiario alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge.
Non solo ma occorre verificare se sia o meno sopraggiunta l’autosufficienza economica del beneficiario.
Il fatto. La Corte d’appello di Firenze, accogliendo parzialmente il reclamo presentato dall’ex coniuge obbligato C., confermava il diritto all’assegno divorzile a favore di B.A.M.., e ne rideterminava l’importo, già fissato con la sentenza di divorzio, nella minor somma di euro 500,00.
La Corte distrettuale motivava richiamando la finalità perequativa del contributo, tenuto conto della breve ma significativa durata del matrimonio (due anni), durante la quale la beneficiaria aveva contribuito all’avvio dell’attività del marito.
Avverso il decreto emesso dalla Corte d’appello B.M.A. proponeva ricorso per la cassazione, dolendosi della diversa quantificazione dell’assegno e lamentando, in particolare, la mancata considerazione dell’incremento delle sostanze dell’ex coniuge obbligato, con l’acquisto di immobili di prestigio e di un’autovettura di lusso, e, quanto all’incremento delle sostanze della ricorrente in virtù di successione ereditaria, l’omessa considerazione delle spese per la ristrutturazione degli immobili ereditati e degli oneri sostenuti da B.M.A. per la laurea del figlio convivente.
C. proponeva ricorso incidentale denunciando, con il primo motivo, che, poiché nel giudizio di divorzio era stato escluso il contributo di B.M.A. al patrimonio familiare, tale accertamento, coperto dal giudicato, non avrebbe potuto più essere contestato o diversamente accertato nell’ambito nel successivo giudizio di modifica dell’assegno divorzile. Al secondo motivo era affidata la censura di difetto di motivazione in punto di soccombenza e statuizione sulle spese.
La Corte di Cassazione, poiché il ricorso in via principale di B.M.A. riguardava l’ammontare dell’assegno divorzile mentre il ricorso incidentale di C. concerneva il permanere del diritto all’assegno divorzile da parte del beneficiario, riconosceva valore pregiudiziale al ricorso incidentale, che, dunque, sarebbe stato esaminato prioritariamente rispetto a quello principale.
Ciò premesso riteneva fondato il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo motivo e il ricorso principale, per avere la Corte d’appello richiamato, erroneamente, il criterio perequativo individuato dalle S.U. n. 18287 del 2018, ritenuto applicabile solo qualora si controverta del riconoscimento dell’assegno divorzile (art. 5, comma 6, l. 898/1970) e non anche in caso di revisione dello stesso (art. 9, l. 898/1970).
I due ricorsi hanno dato, infatti, al Giudice di legittimità l’occasione per ribadire la diversa regola di giudizio, già espressa da Cass. n. 15481/2017, da applicare in caso di richiesta di revisione che incida sulla spettanza stessa dell’assegno divorzile già riconosciuto in precedenza.
Il giudice non dovrà tener conto del contributo dato alla formazione dei patrimoni familiari e dell’altro coniuge ma dovrà accertare la sopravvenienza o meno, dopo la sentenza, di giustificati motivi che giustifichino o meno la negazione del diritto all’assegno a causa dell’indipendenza o autosufficienza economica da accertare sulla base dei seguenti indici:
- possesso di redditi e/o cespiti patrimoniali mobiliari o immobiliari (tenendo conto di tutti gli oneri imposti e del costo della vita nel luogo dell’ex coniuge richiedente);
- capacità e possibilità di lavoro personale (in relazione all’età, lo stato di salute, il sesso, ed al mercato di lavoro, autonomo o dipendente);
- disponibilità di una casa di abitazione, o altri indici rilevanti in base alle singole fattispecie.
Soggetto onerato della prova sarà l’ex coniuge obbligato.
Trattasi degli stessi indici individuati dalla nota Cass. 11504/2017, che, nel superare l’orientamento trentennale delle Sezioni Unite n. 11490 del 1990, individuava nel raggiungimento dell’indipendenza economica e non nel tenore di vita in costanza di matrimonio, il parametro di riferimento cui rapportare il giudizio sulla adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi del coniuge e possibilità /impossibilità di procurarseli.
In questa pronuncia, dunque, la Corte, da un lato richiama il criterio perequativo espresso da Cass. S.S.U.U. 18287/2018, per giudicarlo valevole solo in sede di riconoscimento dell’assegno divorzile ex art. 5, comma, 6, l. 898/1970, dall’altro torna ai principi sanciti da Cass. 11504/2017, e fatti propri dalla richiamata Cass. 15481/2017, per ritenerli regola di giudizio nel momento in cui si controverte della revisione dell’assegno.
Ciò in contrasto con quanto espresso sempre da Cass. S.S.U.U. 18287/2018 che, dopo aver precisato che, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, occorre verificare se vi sia una sensibile sperequazione tra le condizioni economico - patrimoniali delle parti, non necessariamente dettata da mancanza di autosufficienza economica, e dipendente da scelte condivise di conduzione della vita familiare con sacrificio delle aspettative professionali e reddituali, afferma che, nel giudizio per la riduzione o l’eliminazione dell’assegno posto originariamente a suo carico, l’istante deve provare il superamento della disparità determinata dalle cause sopra indicate.
La conclusione cui perviene Cass. 25645/2021 sembrerebbe, dunque, compatibile e condivisibile solo in riferimento a fattispecie in cui si è avuto il riconoscimento dell’assegno divorzile in mancanza di autosufficienza economica, con valorizzazione della sola funzione assistenziale dell’assegno.
Diversamente la pronuncia, lineare nella sua semplicità, rischia di apparire priva di logicità nella parte in cui richiama Cass. S.S.U.U. 18287/2018 ma giustifica, in sede di modifica, la negazione del diritto all’assegno divorzile a causa della sopravvenuta indipendenza economica.
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